FINANZA &MERCATI

 
 
 
Crisi del credito: Borse, Governi e Banche centrali
 
HOME DEL DOSSIER
Cronaca / Europa e Mondo
Le mosse dei Governi
Politiche monetarie
Borse / Analisi
Petrolio e valute
Banche e depositi

Interviste

Analisi e commenti

«Solo 29 shock su 113 hanno poi creato una vera recessione»

dal corrispondente Beda Romano

commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci
15 Ottobre 2008

FRANCOFORTE - Lucrezia Reichlin era destinata a una brillante carriera nel mondo delle banche centrali: qualcuno dice che sarebbe potuta diventare il primo governatore donna della Banca d'Italia. Invece, l'economista è tornata al mondo accademico dopo essere stata per quasi quattro anni direttore della ricerca alla Banca centrale europea. Da metà settembre è professore alla London Business School. Per ora, chissà in futuro? Al Sole 24 Ore offre la sua valutazione della crisi.

La tempesta finanziaria dura ormai da più di un anno. La recessione sarà lunga o breve?

Forse è ancora troppo presto per parlare di recessione. Anche se tutti gli istituti economici hanno rivisto al ribasso le proprie previsioni c'è ancora incertezza sul se e sul quando di un'eventuale recessione tecnica, due trimestri di crescita negativa, nella zona euro.

Veramente, in che senso?

C'è grande allarmismo nei mercati e nell'opinione pubblica. Stiamo senz'altro assistendo a un rallentamento dell'attività economica, ma per ora non si è ancora visto un declino drammatico, né negli Stati Uniti né in Europa.

È solo questione di tempo?

Storicamente, non tutti gli episodi di crisi finanziaria e bancaria si sono tramutati in recessione. Non c'è nulla di meccanico nella relazione tra ciclo finanziario e ciclo reale. Per esempio, nel 1998, sulla scia del fallimento del hedge fund Ltcm, la Borsa crollò del 20% negli Stati Uniti e del 35% in Europa, ma non ci fu recessione. Una recente ricerca del Fmi mostra che su 113 crisi finanziarie 29 sono state seguite da un rallentamento e altre 29 da una recessione. Di queste ultime, solo 17 erano associate a una crisi bancaria. Detto ciò, è anche vero che se confrontiamo la situazione attuale con le crisi finanziarie seguite da una recessione, ci sono molti elementi in comune, a cominciare dalla fragilità delle banche.

Appunto, crisi bancaria: da più parti il confronto è con il 1929.

I governi non stanno commettendo gli sbagli di allora. Le autorità americane ed europee stanno aumentando la spesa, tagliando il costo del denaro, e aiutando le banche. Proprio con un occhio alle crisi finanziarie passate, politiche economiche che mirino a restaurare la base di capitale del sistema bancario sono molto importanti in questo momento. Gli istituti di credito europei sono sotto capitalizzati e vulnerabili anche a piccoli shocks.

Quindi, c'è ancora spazio per evitare il peggio?

Gli sviluppi dell'economia dipenderanno dalla risposta politica. Sappiamo per esperienza che un rallentamento economico americano sarà seguito da una frenata in Europa. Non è detto, però, che ci sia necessariamente una vera e propria recessione anche perché in generale le fluttuazioni del Pil nella zona euro sono meno accentuate che negli Stati Uniti.

In questo senso, come valuta le politiche economiche europee?

Vi è incertezza sulla capacità di un sistema politicamente e istituzionalmente frammentato come quello europeo di dare risposte rapide. Il vertice dell'Eurogruppo a Parigi è stato un primo passo e contiene tre elementi importanti: garanzia da parte dello Stato del nuovo debito emesso dalle banche; ricapitalizzazione degli istituti di credito; e nuove regole di contabilità, almeno temporanee. Il fattore nuovo è il coordinamento tra i diversi Paesi della zona euro.

Le risposte però sono ancora nazionali.

È vero. Vedo in questo momento aspetti positivi ma anche negativi. Da un lato, la crisi spinge alla cooperazione perché rende evidenti i limiti dell'architettura istituzionale europea nel campo della regolamentazione, della sorveglianza bancaria e della dicotomia tra politica fiscale nazionale e politica monetaria federale. Alcune banche europee sono troppo grandi per essere salvate da un solo Paese: come verrebbe ripartito il salvataggio di un istituto che non ha un'identità solo nazionale?

E i rischi?

La crisi rende i governi vulnerabili all'opposizione politica interna e quindi più proni a misure demagogiche e prettamente nazionali. Ne abbiamo avuto un esempio recente con l'Irlanda e la Germania che hanno preso misure unilaterali sulla garanzia dei depositi bancari. Sono decisioni pericolose, fondamentalmente incompatibili con la moneta unica.

RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio

L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER
Effettua il login o avvia la registrazione.
 
 
 
 
 
 
Cerca quotazione - Tempo Reale  
- Listino personale
- Portfolio
- Euribor
 
 
 
Oggi + Inviati + Visti + Votati
 

-Annunci-